Radiopoge: un progetto sui rischi reali degli esami diagnostici
Aumentare l’appropriatezza nelle richieste di esami radiologici; spingere le aziende biomediche a fare più ricerche al fine di ridurre la quantità di radiazioni ionizzanti erogate dai singoli apparecchi; dismettere gli strumenti radiologici vecchi e non controllati. Sono queste le linee di intervento emerse dal progetto Radiopoge, frutto di una collaborazione fra Asl Brindisi, ISBEM (Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo) e ClinOpsHub (Contract Research Organization) di Mesagne.
Lo studio è stato strutturato attorno alla seguente domanda di ricerca: i cittadini hanno conoscenza delle radiazioni ionizzanti che vengono somministrate in molti esami radiologici quali la Tc (Tomografia computerizzata) o l’angiografia con l’uso eventuale del mezzo di contrasto? La consapevolezza di sottoporsi a radiazioni ionizzanti, che sono dannose, aiuterà medici e pazienti a fare scelte diagnostiche non solo appropriate ma anche con metodi alternativi, qualora siano disponibili.
Nell’arco di 14 mesi (dall’ottobre 2022 al dicembre 2023), circa mille cittadini passati nelle sale d’attesa per sottoporsi a un esame nell’Unità operativa di Radiodiagnostica dell’ospedale Perrino di Brindisi diretta da Eluisa Muscogiuri, sono stati invitati a rispondere a un questionario di 23 domande dai componenti di un gruppo di lavoro coordinato dalla radiologa Valeria Buonocore. Il gruppo era in gran parte formato da giovani medici in formazione, specializzandi in Radiologia dell’Università di Bari.
I dati sono stati elaborati dal ricercatore Luca Bastiani e dal team di Tecnologi dell’Ifc (Istituto di Fisiologia clinica) del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Pisa, con il supporto degli esperti dell’Università del Salento, del DISTEBA (Dipartimento Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali), del MED-TEC (Dipartimento di Medicina Sperimentale) e dell’Ingegneria dell’Innovazione.
I risultati preliminari del progetto mostrano che la maggior parte dei cittadini ha una conoscenza molto limitata dei rischi biologici associati alle radiazioni ionizzanti. Fatta salva qualche eccezione, tutti hanno espresso il desiderio di saperne di più, sia sul funzionamento degli esami diagnostici che sui loro potenziali rischi a lungo termine. In particolare, è emerso che il 60 per cento della popolazione intervistata ritiene che la Rm (Risonanza magnetica) emetta radiazioni ionizzanti, quando in realtà si tratta di una metodologia basata su campi magnetici e su tecniche avanzate di informatica. Al contrario, il 40 per cento circa dei pazienti sostiene che la Tc sia un esame totalmente privo di radiazioni ionizzanti.
Il progetto brindisino nasce anche per paragonare i risultati ottenuti in Toscana, dove il professor Davide Caramella e collaboratori, nel 2019, completarono uno studio, da cui emersero vari fattori che hanno un’influenza su questo tema: circolazione delle informazioni; età e livello di cultura dei cittadini, offerta di esami disponibili nelle strutture, sia nel sistema sanitario regionale che nel privato.
Per il professor Alessandro Distante, presidente di ISBEM “le competenze e l’esperienza nella sperimentazione clinica di giovani ricercatori come Manuela Taurisano e di ricercatori senior come Alberto Argentiero hanno dato a Radiopoge un’organizzazione gestionale snella ancorché rigorosa per assicurare la conformità con i protocolli scientifici approvati che con le norme etiche e legali richieste dalla Istituzioni”.
“L’impatto sociale di questi risultati impone di attivare e diffondere serie campagne di informazione che sono strategiche per far crescere il livello di conoscenza sulla fisica e sulla biologia delle radiazioni ionizzanti. Agli esami – aggiunge Alessandro Distante – ci si deve sottoporre solo quando ci siano indicazioni cliniche appropriate. Il progetto Radiopoge proseguirà per migliorare la consapevolezza e la sicurezza dei pazienti. Eticamente, corre anche l’obbligo di ringraziare i cittadini che, rispondendo ai questionari, hanno permesso di evidenziare che questa è una ‘vera ferita’ del Pianeta Salute della nostra comunità che, secondo sociologi e psicologi riflette una ‘bulimia diagnostica’ di cui non si possono ignorare le implicazioni economiche, mediche e tecnologiche”.
A breve saranno diffusi anche i dati raccolti da ISBEM sulla conoscenza posseduta dai giovani studenti sui temi delle energie (ionizzanti o meno) e sulle tecnologie (invasive e non) che vengono utilizzate per studiare il corpo umano.