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Pressione alta da giovani: 1 su 10 rischia infarto o ictus in età adulta

Checking blood pressure

Close-up of female hand in blood pressure gauge

Essere ipertesi in tarda adolescenza aumenta il rischio cardiovascolare da adulti. A dimostrarlo è uno studio svedese pubblicato su Annals of Internal Medicine. In Italia sono ben 2mln gli under 35 italiani ipertesi. Per questo motivo la Società Italiana di Cardiologia (Sic) sottolinea la necessità di misurare la pressione fin da giovanissimi al fine di intervenire tempestivamente attraverso la correzione dello stile di vita.

Un infarto a cinquant’anni, un ictus ancora prima di andare in pensione: è il destino che aspetta chi ha la pressione alta già a 18 anni, stando a un ampio studio svedese appena pubblicato sugli Annals of Internal Medicine secondo cui essere ipertesi in tarda adolescenza aumenta considerevolmente il rischio cardiovascolare da adulti. Un problema che riguarda tanti italiani: si stima che quasi 2 milioni di under 35 abbiano già i valori di pressione alterati, spesso senza saperlo e in gran parte dei casi per colpa di uno stile di vita sbagliato fatto di dieta scorretta, sedentarietà, fumo e alcol.

Così, in occasione della Giornata Mondiale del Cuore 2023, gli esperti della Società Italiana di Cardiologia (Sic) raccomandano di iniziare a misurare la pressione già da adolescenti, per prendersi cura della salute cardiovascolare e restare in salute a lungo: una diagnosi precoce dell’ipertensione può consentire un cambio di rotta tempestivo nelle abitudini e può salvare letteralmente la vita.

I dati appena pubblicati da ricercatori delle università svedesi di Umea e Uppsala sono molto solidi: quasi 1,4 milioni di uomini a cui è stata misurata la pressione durante la visita di leva a 18 anni sono stati seguiti fino a cinquant’anni, consentendo così di valutare la correlazione fra ipertensione giovanile e probabilità di eventi cardiovascolari successivi – spiega Pasquale Perrone Filardi, Presidente Sic e Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università Federico II di Napoli -. Nel campione svedese circa il 29% dei diciottenni aveva valori di pressione alterati, superiori a 120/80 mmHg, il 54% poteva essere classificato come iperteso. In queste persone, negli anni, si è registrato un graduale e sostanziale incremento nel rischio di eventi cardiovascolari, tanto che un diciottenne iperteso su dieci ha avuto un infarto o un ictus prima della pensione mentre a chi aveva la pressione bassa questo non accadeva. Questi dati indicano la necessità di iniziare a controllare la pressione fin dall’adolescenza: prima compare questo fattore di rischio, più tempo ha per fare danni; perciò, la prevenzione cardiovascolare deve iniziare da giovanissimi, cercando di individuare i ragazzi a rischio”.

Nel nostro Paese circa il 14% degli under 35, pari a circa 2 milioni di persone, ha già la pressione alta e perfino i bambini possono avere valori alterati: secondo alcune stime fino al 4% dei bimbi e ragazzini fra sei e undici anni ha la pressione elevata per la sua età.

Scoprire l’ipertensione in un ragazzo significa poter agire tempestivamente, per ridurla e diminuire così anche il rischio cardiovascolare negli anni a venire: “Negli adolescenti e nei giovani adulti, solitamente non sono necessarie cure farmacologiche, è sufficiente intervenire sullo stile di vita, cercando di cambiare le abitudini in modo da mantenere il giusto peso attraverso una dieta equilibrata ricca di frutta, verdura e cerali integrali e povera di sale, grassi saturi e zuccheri. Fondamentale – ha concluso – aumentare ad almeno 150 minuti alla settimana l’attività fisica e soprattutto evitare fumo e alcol, entrambi fattori che danneggiano cuore e vasi. Infine, è opportuno insegnare ai giovani anche una buona gestione dello stress, che contribuisce a innalzare la pressione ed è un elemento di rischio molto frequente fra i giovani adulti”. spiega Francesco Barillà, Presidente della Fondazione “Il Cuore Siamo Noi”, Professore Associato di Cardiologia e Direttore della Cardiologia dell’Università di Roma Tor Vergata.

 

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