Prediabete e obesità, SID: patologie sempre più correlate al contesto ambientale e allo stile di vita
A “Panorama diabete” discusse le possibili terapie per evitare l’insorgenza della malattia nei pazienti prediabetici.
Il prediabete è una condizione di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 e, nonostante nell’11% dei non trattati insorga la malattia nell’arco di tre anni e nel 25% entro i cinque anni, mancano ancora linee guide definitive per la gestione di questa condizione non ancora patologica, identificabile da un’alterata glicemia a digiuno, con valori di glucosio nel sangue tra i 100 e i 125 mg/dl, e un’intolleranza al glucosio rilevabile da valori di glicemia nel sangue tra 140 e 199 mg/dl due ore dopo un esame di curva da carico.
Inoltre, l’attuale definizione del prediabete non tiene conto dell’associazione tra tratti genetici e caratteristiche cliniche della fisiopatologia del diabete di tipo 2 e non è predittiva delle future traiettorie metaboliche degli individui.
Le indagini più recenti stimano in circa 4,5 milioni le persone con prediabete in Italia, condizione in cui il rischio cardio-vascolare è già più alto rispetto alla popolazione con glicemia bassa ed è pari al 18% contro l’11% nell’arco di 5 anni. Non tutte diverranno persone con diabete, ma su questi ultimi vanno concentrati gli sforzi per impedire o ritardare il più possibile lo sviluppo della malattia. Fondamentali al riguardo risultano lo screening glicemico per individuare tali soggetti, così come i trattamenti e le terapie da adottare.
Se ne è parlato stamattina al forum multidisciplinare “Panorama diabete – Prevedere per prevenire” promosso dalla Società Italiana di Diabetologia presieduta da Angelo Avogaro, in corso al Palazzo dei Congressi di Riccione, nell’ambito della sessione “Prediabete e obesità: quale spazio di azione per la prevenzione?”, dove si è evidenziato come queste patologie siano sempre più strettamente correlate al contesto e all’ambiente in cui si vive: eccessiva urbanizzazione, inquinamento, stili di vita errati e istruzione.
L’International Diabetes Federation e l’OMS individuano nella città la frontiera calda del contrasto alla crescita del diabete, dal momento che alla vita nelle aree urbane corrisponde una conseguente diminuzione dell’attività fisica delle persone: se nel 2025 il 65% degli individui con diabete vivrà nelle città, nel 2040 saranno il 75%. L’esposizione prolungata allo smog, associata all’adiposità, è responsabile del 15% dei casi di diabete di tipo 2 nel mondo.
Uno stile di vita non adeguato, con un’alimentazione non equilibrata e scarso esercizio fisico, è correlato all’obesità o al semplice eccesso di peso, che in Italia riguardano oltre 25 milioni di persone e favoriscono lo sviluppo del diabete mellito. Infine, nelle persone meno istruite il rischio di sviluppare diabete è mediamente superiore del 60%.
Robert Wagner ha analizzato il prediabete e i suoi fenotipi, in una panoramica mirata a comprendere il suo ruolo nello sviluppo del diabete di tipo 2. Enzo Bonora ha affrontato il tema delle reversibilità del prediabete, interrogandosi su quando sia il momento di cominciare il trattamento. Giorgio Sesti ha discusso l’impatto dell’obesità sul prediabete, mentre Stefano Del Prato ha introdotto il tema dell’opportunità di non limitare la terapia del prediabete al cambiamento verso un più sano stile di vita con dieta equilibrata e attività fisica, ma di associarvi farmaci per la glicemia o per l’obesità.
“Il tema del prediabete – dichiara il Presidente di SID, Angelo Avogaro – è attualissimo anche alla luce del milione di cittadini che in Italia soffrono di diabete ma non sanno di averlo. È necessario quindi identificare il prediabete nei cittadini a rischio per la malattia: i sedentari, quelli con forte familiarità per diabete, i pazienti con sovrappeso e anche coloro che per altre patologie devono seguire per lungo tempo terapie a base di cortisone”.
“Già da anni – dichiara il Presidente Eletto di SID, Raffaella Buzzetti – abbiamo dimostrazioni scientifiche che dallo stato di “prediabete” si può regredire a normoglicemia con un cambiamento dello stile di vita in termini di incremento dell’esercizio fisico e di dieta equilibrata, accompagnato da perdita di peso se si è in sovrappeso. Il diabetologo è lo specialista che più di ogni altro può effettuare medicina di prevenzione suggerendo il percorso terapeutico più appropriato a questi pazienti”.