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Nuova mappa del cervello grazie all’EEG potenziato: passi avanti nella diagnosi del Parkinson

Una rivoluzionaria ricerca condotta dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, in collaborazione con il Centro di Neuroscienze dell’Università di Padova, ha portato a importanti scoperte sul Parkinson, una delle malattie neurodegenerative più diffuse e complesse. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Movement Disorders, apre nuove prospettive nella comprensione e nella diagnosi precoce della malattia.

Individuare il Parkinson nelle sue primissime fasi

Il team di ricerca guidato dal professor Alessandro Stefani, direttore del laboratorio di neurofisiologia clinica, ha utilizzato una versione avanzata dell’elettroencefalogramma (EEG) per mappare le connessioni cerebrali dei pazienti affetti da Parkinson. Questa tecnologia, potenziata con un elevato numero di elettrodi (EEG ad alta densità), consente di analizzare con precisione la comunicazione tra le diverse aree cerebrali.

Grazie a questo approccio, è possibile identificare cambiamenti nella connettività del cervello già nelle fasi iniziali della malattia. “Con queste registrazioni non invasive, possiamo distinguere un malato da un sano sin dalle prime fasi della malattia,” spiega il professor Stefani. “Questa capacità ci consente di ipotizzare il decorso della patologia e di valutare se sarà più lenta o più aggressiva.”

Un Parkinson che non è uguale per tutti

Una delle principali novità dello studio è la conferma che la malattia di Parkinson non si manifesta in modo uniforme tra i pazienti. Alcuni malati mostrano disturbi del sonno gravi, altri presentano sintomi cognitivi o psicologici più pronunciati. Queste differenze, rilevate attraverso l’EEG potenziato, aiutano a tracciare una sorta di “profilo” della malattia per ciascun paziente, aprendo la strada a terapie personalizzate.

Il dottor Matteo Conti, co-autore dello studio, sottolinea che l’EEG ad alta densità permette di integrare i dati con quelli delle risonanze magnetiche, offrendo una mappa dettagliata delle connessioni cerebrali. Questa metodologia non invasiva e di breve durata si prospetta come uno strumento fondamentale per orientare le terapie future e per formulare prognosi più precise.

Nuove speranze per il futuro del Parkinson

Il Parkinson, per il quale lo scorso 30 novembre si è celebrata la Giornata Nazionale, rimane una malattia senza cure risolutive. Tuttavia, ricerche come quella condotta a Tor Vergata rappresentano un passo avanti nella comprensione dei suoi complessi meccanismi.

Grazie a studi come questo, è emerso che la malattia non si limita a danneggiare specifiche aree del cervello, ma compromette anche il funzionamento dei circuiti neurali e delle loro connessioni. Questi aspetti, in parte influenzabili da stili di vita e terapie farmacologiche, offrono nuove opportunità per migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Collaborazione e innovazione: la chiave per nuove scoperte

Lo studio si è avvalso della collaborazione con il centro di Neuroscienze dell’Università di Padova, guidato dai professori Angelo Antonini e Andrea Guerra. Il titolo della pubblicazione, “Cortical functional connectivity changes in the body-first and brain-first subtypes of Parkinson’s disease”, evidenzia come queste nuove tecnologie permettano di distinguere diversi sottotipi della malattia, contribuendo a una gestione più mirata e consapevole.

L’innovazione tecnologica, combinata con il lavoro sinergico tra istituzioni accademiche, rappresenta una risorsa fondamentale per affrontare il Parkinson e offrire nuove speranze ai pazienti e alle loro famiglie. Questa scoperta dimostra come la ricerca scientifica possa fare la differenza, svelando i segreti più complessi della malattia e gettando le basi per un futuro migliore.

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