La scuola in ospedale fondamentale per le cure in pediatria
La storia e l’attualità della Scuola in Ospedale, in Italia e nella nostra regione, ripercorse con il convegno “La scuola in Ospedale e l’Irccs Burlo Garofolo – Un’alleanza che cura in Pediatria” svoltosi al Liceo Classico Dante Alighieri di Trieste con le testimonianze di docenti, sanitari, medici e genitori alla presenza delle autorità scolastiche e sanitarie regionali.
Si è concluso ieri in tarda serata, davanti a un folto pubblico il Convegno “La Scuola in Ospedale e l’Irccs Burlo Garofolo – Un’alleanza che cura in pediatria” che si è svolto all’interno dell’Aula Magna del Liceo Classico Dante Alighieri di Trieste. I partecipanti al convegno, alla presenza delle Autorità Scolastiche e Sanitarie regionali, hanno potuto seguire con interesse gli interventi di docenti e sanitari impegnati in questa attività ma soprattutto dei protagonisti, pazienti e genitori che attraverso testimonianze dirette, filmati e fotografie hanno testimoniato il ruolo e la rilevanza di tale attività fondamentale nel percorso di cura dei pazienti pediatrici.
Al convegno hanno portato i saluti istituzionali il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per il Fvg, Daniela Beltrame, la dottoressa Patrizia Pavatti in rappresentanza dell’assessore regionale all’istruzione Alessia Rosolen, il direttore sanitario dell’Irccs “Burlo Garofolo”, Paola Toscani. Sono, poi, intervenuti la dirigente dell’Istituto comprensivo “Dante Alighieri” di Trieste, Fabia Dell’Antonia, il direttore dell’Emato-oncologia pediatrica del Burlo, Marco Rabusin, la psicoterapeuta dell’Emato-oncologia pediatrica del Burlo, Laura Pomicino, la docente della Scuola in ospedale, Roberta Gasperini, la responsabile per il Burlo della Scuola in ospedale, Donatella Fontanot, i rappresentanti della Fondazione Thun e i pazienti e allievi Davide, Alessandro e Edoardo. Ha coordinato i lavori la dirigente del Liceo “Francesco Petrarca”, Cesira Militello.
L’attività della scuola in ospedale (Sio) nata in Italia in una forma pionieristica nel 1925 e con le prime sezioni ospedaliere nel 1950 al Policlinico Umberto I di Roma, è stata istituzionalizzata con una legge del 1971 e, in via definitiva con una circolare del 1986 che permetteva l’apertura di sezioni ospedaliere per la scuola primaria e iniziata al Burlo con una classe di scuola primaria nel reparto di Oncoematologia nel 1989/90. Oggi coordinata a livello regionale dalla Dirigente Scolastica del Liceo Classico Dante Alighieri, professoressa Fabia Dell’Antonia, la Sio nel corso degli anni è riuscita ad aumentare sempre di più l’offerta a favore dei pazienti ricoverati e attualmente conta quasi 400 bambini (322 dei quali al Burlo) seguiti dalla scuola dell’infanzia sino alla scuola media superiore con 5mila interventi didattici (dei quali 3mila al Burlo) nel corso del recente anno scolastico 2021-2022.
«La Scuola In Ospedale – ha spiegato la dirigente Dell’Antonia – è scuola a tutti gli effetti e permette a bambini e ragazzi ospedalizzati di continuare a studiare, senza perdere l’anno e rimanendo in contatto con la propria classe. Oltre a proseguire il percorso scolastico, i ragazzi ammalati- ha aggiunto – possono impiegare il proprio tempo in ospedale anche con attività creative e ludiche; la Scuola in ospedale realizza infatti un’alleanza terapeutica tra i docenti, il personale sanitario dell’Irccs Burlo Garofolo e le Associazioni che vi operano – ha concluso -, con l’obiettivo del ben-essere di chi è ammalato grazie all’intreccio tra istruzione, sanità e arte nel percorso di cura».
Dal canto suo, il dottor Marco Rabusin, direttore del reparto di Oncoematologia dell’Irccs triestino ha chiarito che: «In Italia ogni anno ricevono una diagnosi di malattia oncologica circa 1500 bambini e 900 adolescenti e grazie ai progressi scientifici più dell’80 per cento di questi pazienti guarisce con un costante miglioramento nel corso degli ultimi decenni. Il numero di nuove diagnosi è rimasto costante nel tempo con 40-45 nuovi casi/anno di tumore in età pediatrica attesi nella nostra Regione e tra questi predominano sempre le leucemie acute, i linfomi e i tumori del sistema nervoso centrale. Una diagnosi di tumore in età pediatrica – ha continuato Rabusin – rappresenta un momento critico per la famiglia che si trova ad affrontare un impegnativo e spesso imprevisto percorso sanitario, ma soprattutto per il paziente, sia esso bambino o adolescente, che dovrà affrontare numerose sfide legate all’accettazione della malattia che determinerà frequenti ospedalizzazioni, possibili modifiche dell’aspetto fisico, ma soprattutto una temporanea ma rilevante modifica del proprio progetto di vita con interruzione delle relazioni sociali e scolastiche per un periodo di circa un anno».
Secondo quanto detto da Rabusin, è noto che i pazienti affetti da patologia oncologica hanno un rischio di fallimento scolastico doppio rispetto ai loro coetanei e questo è correlato n maniera significativa con la maggiore severità della malattia e con l’incidenza degli effetti collaterali legati alle terapie somministrate. «Da qui nasce l’importanza – ha affermato il direttore dell’Oncoematologia del Burlo – di poter organizzare e sostenere un’attività didattica sia all’interno dell’ospedale che al domicilio perché questa svolge una funzione terapeutica sul piano psichico, un sostegno all’investimento nel futuro del paziente, aiuta a mantenere un senso di normalità e riduce la sensazione di isolamento e fragilità. L’intervento scolastico all’interno dei reparti ospedalieri – ha aggiunto – presenta delle peculiarità, è spesso caratterizzato da una lezione a un singolo studente, si svolge prevalentemente all’interno della stanza di degenza e deve tenere conto dei molteplici impegni “sanitari” che il paziente ha durante la permanenza in ospedale e per questo motivo richiede un personale docente particolarmente motivato e preparato. Nel corso dell’ultimo anno – ha concluso il dottor Rabusin -, grazie alla creazione di uno spazio ludico e didattico nella nuova area ambulatoriale del reparto di emato-oncologia pediatrica, ampliata con l’intervento di un generoso contributo dell’Agmen Fvg, l’offerta didattica ha potuto essere sviluppata e integrata con attività differenti quali la ceramico-terapia e laboratori di musica, arte e creatività svolti durante le ore pomeridiane».
«Abbiamo parlato del ruolo che la scuola assume per l’ospedale, i bambini le bambine e le loro famiglie – ha detto nel suo intervento, la dottoressa Fontanot -, ma ora proviamo a chiederci: che cosa fa l’ospedale per la Scuola? Credo – ha continuato – che l’ospedale grazie alle sue proprie peculiari richieste, bisogni e opportunità, tra queste la capacità di connettere tra loro istituzioni ed Enti del Terzo settore, consente di sperimentare innovazioni didattiche. Al riguardo mi preme ricordare che nei mesi del primo lockdown, da marzo a giugno 2020, quando l’Italia intera è entrata in Dad (didattica a distanza) i docenti della scuola in ospedale sono stati i meglio attrezzati, i più preparati perché già avevano sperimentato queste modalità (per es. per l’insegnamento coi ragazzi immunodepressi)».
Il direttore sanitario dell’Irccs “Burlo Garofolo”, Paola Toscani ha iniziato il suo intervento dicendo: «Scaffali di libri, pennarelli sui tavoli, disegni alle pareti, tablet, computer, lavagne elettroniche, … È facile riconoscere all’interno dell’Irccs gli spazi deputati all’insegnamento. Qui però – ha proseguito – gli studenti sono i giovani pazienti che possono così continuare il loro percorso scolastico nel periodo in cui sono ricoverati. L’obiettivo è quello di mettere i giovani ricoverati nelle condizioni di poter proseguire lo sviluppo di capacità e competenze e di vedere riconosciuto il loro diritto-dovere all’istruzione. Ma non solo. Gli insegnanti in ospedale affiancano i pazienti nel percorso di cura, mettendo bambini e ragazzi in una condizione emotiva e psicologica che gli permetterà di affrontare con più serenità il loro vissuto in ospedale. È un gioco di squadra – ha aggiunto la dottoressa Toscani – che vede uniti medici, infermieri, docenti, famiglie e scuola di appartenenza, per preparare i nostri pazienti al ritorno a casa e a scuola. E insieme a loro tante associazioni che aiutano il Burlo non solo a offrire ai nostri pazienti le migliori cure, ma anche le migliori condizioni per affrontare il loro difficile percorso. Una attività talmente importante – ha concluso il direttore sanitario – che abbiamo fortemente voluto proseguisse con la presenza dei docenti anche durante le restrizioni legate alla emergenza pandemica, pur garantendo la sicurezza di bambini e insegnati».
Comunicato stampa