Giovani migranti soli in Italia: tra sogno e monotonia nei Centri d’Accoglienza
Nel cuore del centro di accoglienza di Brindisi, 18 giovani migranti adolescenti, provenienti da Gambia, Mali, Costa d’Avorio, Tunisia, Guinea e Burkina Faso, trascorrono le loro giornate in una monotonia senza fine. Con età compresa tra i 15 e i 16 anni e privi di documenti, questi ragazzi affrontano settimane senza poter uscire, passando il tempo con rare attività, come un corso di italiano settimanale o qualche calciotto su un asfalto anonimo. Il Centro di Primissima Accoglienza, che dovrebbe garantire loro un ambiente sicuro e stimolante, si presenta invece come un luogo dove il tempo si dilata in attesa di chissà quale futuro.
L’Autorità Garante per l’Infanzia, Carla Garlatti, ha trascorso quasi tre ore in un incontro toccante con questi giovani migranti, gettando luce sulla difficile realtà che affrontano. Questi ragazzi sono bloccati in una sorta di limbo, con giorni vuoti e ore che si trascinano lentamente, mentre alcuni di loro non escono da 45 giorni.
La visita della Garante ha messo in evidenza la separazione fisica tra il Centro di Primissima Accoglienza e il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), entrambi all’interno del medesimo recinto murario. Sebbene siano fisicamente separati, il muro imponente, il portone di ferro e la presenza di militari trasmettono una sensazione di detenzione che non si addice a un centro per minori.
Per rendere più agevole l’incontro, rappresentanti di Unicef e Unhcr hanno chiesto ai giovani di esprimersi attraverso i disegni. Le immagini tratte dai loro schizzi rappresentano campi da calcio e case, un modo per esprimere desideri e speranze. Quando interrogati su dove volevano costruire le loro vite, la risposta unanime è stata “in Italia”. Vogliono imparare, studiare, lavorare, contribuire al Paese che ora chiamano casa, nonostante l’assenza di parenti e le difficoltà che incontrano quotidianamente.
In un contesto di crescente preoccupazione, l’incontro con la Garante ha mostrato una realtà che va oltre le parole, evidenziando le sfide che questi giovani migranti devono affrontare, dal linguaggio alla qualità delle strutture che dovrebbero proteggerli e sostenerli.
L’appello implicito emerge dalle loro storie e dai loro sogni: è urgente riconsiderare e migliorare le condizioni di accoglienza per garantire un futuro dignitoso a questi giovani, portatori di speranze e desiderosi di contribuire al tessuto sociale italiano.