Febbre del Nilo: salgono a 25 i casi registrati in Italia
In Italia salgono a 25 i casi confermati di infezione da West Nile Virus (Wnv, febbre del Nilo) nell’uomo, a partire dall’inizio di maggio. Lo rileva l’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità aggiornato al 2 agosto.
I casi erano 6 nel precedente bollettino aggiornato al 26 luglio. Di questi, 15 si sono manifestati nella forma neuroinvasiva (4 Piemonte, 4 Lombardia, 7 Emilia Romagna), 6 casi identificati in donatori di sangue (1 Piemonte, 4 in Lombardia e 1 Emilia Romagna e 1 a Foggia).
Le zanzare infette, soprattutto del genere Culex, svolgono un ruolo fondamentale nella trasmissione del virus all’uomo. Anche se rare, altre modalità di infezione includono trapianti d’organo, trasfusioni di sangue e la trasmissione verticale madre-feto durante la gravidanza. Occorre ribadire che la Febbre West Nile non si diffonde attraverso il contatto interumano.
L’incubazione varia da 2 a 14 giorni, ma in casi particolari può estendersi fino a 21 giorni. La maggior parte delle persone infette non manifesta sintomi, ma il 20% dei casi sintomatici può sperimentare febbre, mal di testa, nausea, linfonodi ingrossati e sfoghi cutanei. Nei casi più gravi, che colpiscono meno dell’1% delle persone infette, si possono riscontrare sintomi neurologici gravi, come paralisi, convulsioni e perfino coma.
La diagnosi della Febbre West Nile si basa su test di laboratorio, come ELISA o Immunofluorescenza, che rilevano la presenza di anticorpi IgM. Non esiste un vaccino per la febbre West Nile.
Anche per questo motivo la prevenzione è cruciale: proteggersi dalle punture di zanzara attraverso l’uso di repellenti, abbigliamento protettivo e zanzariere, e adottare pratiche per ridurre i luoghi di proliferazione delle zanzare può aiutare a evitare il contagio.