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Screening oncologici, Azione: “Ridurre le fasce d’età è fuori legge”

“Lo ripetiamo ancora una volta, visto che nelle riunioni con i DG si dicono cose tecnicamente infondate: ridurre le fasce d’età per gli screening oncologici sui tumori al seno e al colon è contro la legge regionale, contro i LEA previsti dal decreto 2017, contro le indicazioni ministeriali contenute nelle comunicazioni e contro la raccomandazione europea per la lotta al cancro. Non riusciamo a capire perché la Giunta Emiliano continui a manifestare la volontà di ridurre gli screening, insistendo con argomenti giuridicamente infondati”. Lo dichiarano in una nota il Consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, i Consiglieri regionali Sergio Clemente, Ruggiero Mennea, capogruppo, e il responsabile regionale sanità di Azione Alessandro Nestola.

Prima dell’approvazione delle nostre leggi le classi d’età per lo screening del tumore al seno e al colon erano limitate alla popolazione 50-69 anni, nonostante le raccomandazioni ministeriali del 2006 demandavano alle regioni la valutazione sulle classi d’età 45/50-74/80.

E infatti in nessuna occasione il ministero ha sollevato questioni sulle classi d’età, né nelle richieste di chiarimento per il caso dello screening al seno, né nell’impugnativa nel caso dello screening al colon.

Infatti: nel caso dello screening al seno l’unica richiesta ministeriale, su cui il Consiglio regionale si è impegnato a presentare una modifica, consiste nel del riferimento normativo, ossia il DPCM 12 gennaio 2017 piuttosto che il DM 22 luglio 1996. Nel caso dello screening al colon, invece, l’impugnazione ministeriale si riferisce alla sanzione per la mancata adesione all’invito all’esame del sangue occulto nelle feci e alla possibilità di disporre con un codice di esenzione la sorveglianza clinico-strumentale rafforzata per i soggetti con mutazione genetica. Questioni, dunque, del tutto diverse dall’ampliamento delle classi d’età, che sono invece pienamente rientranti nei Livelli essenziali d’assistenza.

Va anzi detto, purtroppo, che anche con le vecchie classi d’età la Puglia si trova in clamoroso deficit per l’estensione degli inviti allo svolgimento dello screening. Su un obiettivo del 100% della popolazione, infatti, la media regionale per il 2022 è dell’82% per la mammografia – con la Asl di Lecce ultima in classifica con il 49% -, e dell’53% per il sangue occulto nelle feci – con la Asl di Lecce sempre ultima in classifica con il 33%.

Si tenga conto, infine, che proprio le leggi regionali proposte da noi prevedono la decadenza dei DG se non rispettano l’obiettivo di estensione degli screeening, ma ad oggi nessun DG è stato dichiarato decaduto e forse sarebbe meglio se la Giunta regionale occupasse il tempo di lavoro nel colmare questo grave deficit d’interesse sulla prevenzione piuttosto che ordire trame per sabotare programmi d’innovazione diretti a ridurre la morte per cancro.

Per questi motivi non accetteremo nessun tentativo di riportare le lancette dell’orologio al passato, in controtendenza con ciò chi è chiede l’Europa con l’ultima raccomandazione sulla lotta al cancro e solo per nascondere nelle pieghe del linguaggio burocratico la più crudele responsabilità da inadempimento.

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