Salute mentale, ancora oggi uno stigma dovuto alla scarsa informazione: l’indagine dell’Onda
L’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere (Onda) ha realizzato un’indagine qualitativa sul paziente affetto da psicosi e sui caregiver, per capire cosa vivono, quali sono i bisogni legati ai servizi territoriali e qual è la percezione dei nuovi servizi assistenziali.
Da questa indagine, condotta in collaborazione con Elma Research, è emerso che sia il paziente sia il caregiver vivono un forte senso di isolamento e solitudine, a cui si aggiunge lo stigma sociale, che rende più gravoso il senso di emarginazione della diagnosi psichiatrica.
Obiettivi della ricerca
- Ripercorrere il journey del paziente con schizofrenia e individuare gli eventuali unmet needs legati ai servizi territoriali
- Indagare la percezione/valutazione dei nuovi servizi assistenziali e delle nuove modalità di presa in carico previsti dalla riforma del PNRR
Cosa è emerso
- Isolamento dei pazienti: molti pazienti raccontano di un progressivo isolamento dal mondo esterno correlato alla propria sintomatologia. I sintomi sono spesso descritti come qualcosa che sconvolge l’assetto interiore e relazionale, porta a perdere il controllo di sé e ad abbandonare i percorsi noti, familiari.
- La solitudine dei caregiver: i caregiver si occupano in toto della gestione del paziente, con un forte carico sia concreto che emotivo: gestiscono tutte le questioni pratiche e burocratiche e diventano un riferimento esclusivo per il paziente con il relativo peso emotivo che ne consegue Si sentono sostanzialmente soli in questa impresa ‘titanica’, senza una proposta di sostegno psicologico.
A tutto ciò si aggiunge lo stigma sociale, che contribuisce a rendere più gravoso il senso di emarginazione della diagnosi psichiatrica. I pazienti dal momento della diagnosi ricevono l’etichetta di «malato psichiatrico», difficile da accettare e metabolizzare. Molti di essi raccontano di un’alienazione progressiva dal mondo e del conseguente allontanamento da parte di amici, parenti, partner. Nel racconto dei caregiver traspaiono elementi di resistenza e difficoltà ad ammettere la diagnosi psichiatrica dei loro cari.
Dalla ricerca emergono alcuni aspetti che possono determinare un ritardo nel riconoscimento della patologia: da parte dei caregiver vi è una tendenza a sottovalutare o negare i sintomi prodromici quando questi sono lievi, attribuendoli alla timidezza, alla «stranezza caratteriale» etc. Mancano, infatti, riferimenti chiari per la famiglia/i caregiver che li orientino sulle figure a cui rivolgersi, con il rischio che il nucleo familiare rinvii la presa in carico.
In questo scenario spicca maggiormente un’area di bisogno: la “normalizzazione” della patologia. Ciò può aversi con:
- una maggior sensibilizzazione sui temi della salute mentale, in un’ottica che equipari la malattia psichiatrica alle altre patologie croniche;
- una pesa in carico più soft, meno «psichiatrizzata» soprattutto per i pazienti più giovani ù
- un approccio integrato al paziente: focus non solo sulla terapia ma anche sul re-inserimento sociale, con una visione progettuale a 360°
Il PNRR sembra ben rispondere ai bisogni emersi attraverso le seguenti previsioni:
- accessibilità delle strutture territoriali H24, 7/7 nell’idea di una prima presa in carico più rapida, efficace e alternativa al PS/al reparto psichiatrico e di una gestione più efficace in caso di ricadute, senza doversi recare al PS;
- Presenza valorizzante di figure specialistiche e di psicoterapeuti affiancati al MMG, in grado di effettuare una prima valutazione.
In questo scenario, le Case di Comunità sono una possibile risposta al bisogno di strutture “intermedie” a connotazione non prettamente psichiatrica, più inclusive e vicine. Luoghi che, soprattutto nelle fasi di esordio e nelle recidive, esprimono al meglio il ruolo di realtà «accessibile» e in grado di fornire supporti concreti.
Consulta tutti i dati: https://fondazioneonda.it/ondauploads/2023/03/Indagine.pdf