Regione Puglia, Azione: “Emiliano vuole ridurre screening oncologici. Non si azzardi o sarà guerra”
“Prima delle nostre leggi le classi d’età per lo screening del tumore al seno e al colon erano limitate alla popolazione 50-69 anni, nonostante le raccomandazioni ministeriali del 2006 demandano alle Regioni la valutazione sulle classi d’età 45/50-74/80, e le linee guida internazionali sono sempre più dirette ad una maggiore estensione anagrafica dei test – continuano.
“E infatti in nessuna occasione il Ministero ha sollevato questioni sulle nuove classi d’età, né nelle richieste di chiarimento per il caso dello screening al seno, né nell’impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale nel caso dello screening al colon. Infatti: nel caso dello screening al seno l’unica richiesta ministeriale, su cui il Consiglio regionale si è impegnato, consiste nella modifica del riferimento normativo, ossia il DPCM 12 gennaio 2017 piuttosto che il DM 22 luglio 1996. Nel caso dello screening al colon, invece, l’impugnazione ministeriale si riferisce alla sanzione per la mancata adesione all’invito all’esame del sangue occulto nelle feci e alla possibilità di disporre con un codice di esenzione la sorveglianza clinico-strumentale rafforzata per i soggetti sani ma con mutazione genetica. Questioni, dunque, del tutto diverse dall’ampliamento delle classi d’età, che sono invece pienamente rientranti nei Livelli Essenziali d’Assistenza – LEA – proseguono i consiglieri regionali e il responsabile sanità di Azione.
“Va anzi detto, purtroppo, che anche seguendo le vecchie classi d’età la Puglia si trova in clamoroso deficit per l’estensione degli inviti allo svolgimento dello screening. Su un obiettivo del 100% della popolazione interessata da invitare, infatti, la media regionale per il 2022 è stata dell’82% per la mammografia – con la Asl di Lecce ultima in classifica con il 49% -, e del 53% per il sangue occulto nelle feci – con la Asl di Lecce sempre ultima in classifica con il 33% – sottolineano.
“Si tenga conto, infine, che proprio le leggi regionali proposte da noi prevedono la decadenza dei DG se non rispettano l’obiettivo di estensione degli screening, ma ad oggi nessun DG è stato dichiarato decaduto e forse sarebbe meglio se la Giunta regionale e i dirigenti occupassero il tempo di lavoro nel colmare questo grave deficit d’interesse sulla prevenzione piuttosto che ordire trame per sabotare, scrivendo falsità, programmi d’innovazione diretti a ridurre la morte per cancro.
Per questi motivi non accetteremo nessun tentativo di riportare le lancette dell’orologio al passato, in controtendenza con ciò che chiede l’Europa e solo per nascondere nelle pieghe del linguaggio burocratico la più crudele responsabilità da inadempimento – concludono Amati, Mennea e Nestola.